Black Panther – Wakanda Forever
Regia di Ryan Coogler.
Un film con Angela Bassett, Letitia Wright, Winston Duke, Danai Gurira, Florence Kasumba.
Titolo originale: Black Panther 2.
Genere Azione, Avventura, Fantascienza, – USA, 2022, durata 161 minuti.
Distribuito da Walt Disney.
Sabato 19 novembre, ore 21.00
Domenica 20 novembre, ore 16.00 /21.00
Martedì 22 novembre, ore 21.00
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Re T’Challa è stato colpito da un grave malore e la distruzione dell’erba a forma di cuore causata da Killmonger rende impossibile trovare per lui una cura. Un anno dopo la morte del sovrano, i vari Paesi del mondo si fanno sempre più aggressivi nel tentativo di entrare in possesso del prezioso e potente vibranio, che il Wakanda rifiuta di vendere. Viene scoperto un nuovo possibile giacimento del metallo sul fondo dell’Oceano Atlantico, ma la spedizione internazionale è sterminata da misteriosi uomini dalla pelle blu, capitanati da un re capace di volare: Namor. Questi ritiene che l’interesse dei Paesi di superficie per il suo regno sia colpa della politica del Wakanda, così pretende che siano i wakandiani a neutralizzare la scienziata che ha scoperto come trovare il rarissimo metallo…
Elaborazione del lutto di un attore che era già assurto a icona, Black Panther: Wakanda Forever ha un tono molto diverso dagli altri film Marvel, ma anche per questo motivo la durata percepita diventa quella dichiarata dal titolo: per sempre!
La ricetta di azione e commedia, dal ritmo veloce, che ha contraddistinto i film Marvel più o meno fin dall’inizio si è in questo caso scontrata con un muro. Non dovuto alle velleità di un progetto pseudo-autoriale, come era Eternals, bensì alla tragica scomparsa del giovane Chadwick Boseman. Se la vita dell’attore non fosse stata spezzata da un tumore, Black Panther: Wakanda Forever sarebbe probabilmente stato un film molto diverso, sia nel tono sia nei temi. Il lavoro di approfondimento dell’ambientazione wakandiana e del suo sistema monarchico – affrontato negli ultimi anni nei fumetti di Ta-Nehisi Coates e John Ridley – ha dovuto lasciare il campo al passaggio di consegne del ruolo di Black Panther. Senza più né il protagonista né l’antagonista, la saga del Wakanda si è trovata di fronte a una ripartenza forzata, che purtroppo è riuscita solo a metà.
I personaggi più carismatici sono senz’altro la regina Ramonda e re Namor (o meglio Namòr, visto che così andrebbe letto), ma la prima deve lasciare il palcoscenico alla nuova Black Panther mentre il secondo è costretto in un ruolo da villain dalla logica assai discutibile. In sostanza Namor pretende che il Wakanda risolva il problema che gli ha causato, senza rivelare l’esistenza del suo regno, ma poi dichiara di essere pronto alla guerra contro la superficie – cosa che lo porterebbe inevitabilmente allo scoperto…
Troppo peso è poi sulle spalle della scienziata Riri Willians, che in realtà è una giovane studentessa in un college americano. Come la America Chavez di Doctor Strange nel multiverso della follia è perseguitata da un avversario molto potente, determinato a eliminarla. I wakandiani, in linea con la nuova politica voluta dal compianto T’Challa, decidono di proteggerla, così Riri finisce per diventare un casus belli fra due regni che in realtà hanno più cose in comune di quanto non abbiano motivi per combattere. Dal punto di vista politico è in compenso rinfrescante la schiettezza con la quale gli Stati Uniti siano visti più o meno come una nazione nemica, aggressiva e potenzialmente pericolosa – un elemento assai più presente in questo secondo film rispetto al precedente capitolo.
Al di là delle questioni di logica narrativa, Namor è però un personaggio molto riuscito, che ha un’origine diversa dalla sua controparte a fumetti e che guadagna da questa riscrittura. Non va però altrettanto bene ad altri nuovi personaggi del film: Riri Williams sembra più un McGuffin che un essere umano a tutto tondo e Dominique Thorne, che già non pare capace di bucare lo schermo, ha l’ingrato compito di raccogliere l’eredità di Robert Downey Jr e del suo Iron Man. Molto si è scritto dell’ingresso di Michaela Coel nei panni di Aneka, una delle guerriere con l’armatura degli angeli della mezzanotte, ma che l’attrice dica di aver accettato di partecipare perché il suo sarebbe un personaggio queer si rivela del tutto irrilevante, visto che il film non fa emergere questo elemento né le dà lo spessore politico della sua controparte a fumetti.
In ultima analisi è difficile non pensare che sia Riri nei panni di Ironheart, sia gli angeli della mezzanotte con le loro armature, siano nel film soprattutto per vendere nuovi pupazzetti. A dir poco bizzarro è poi il caso del personaggio di Daniel Kaluuya, che non è della partita e viene nominato in un dialogo piuttosto ermetico, destinato a confondere il pubblico più che a chiarire le sue sorti. Sul fronte dei sudditi di Namor ci sarebbero poi Namora e Attuma, ma non ricevono alcuno sviluppo degno di nota.
Da una parte si apprezza l’insolita serietà con cui è stata trattata la scomparsa di Boseman, con alcuni toccanti omaggi a partire dal logo Marvel dedicato tutto a lui. L’attore è stato già santificato per effetto del film precedente – acclamato dalla comunità afroamericana come un evento quasi rivoluzionario – ma per il pubblico meno emotivamente coinvolto, le due ore e quaranta minuti di durata, senza sufficienti momenti di alleggerimento, diventano punitive. Inoltre dopo una spettacolare battaglia nel Wakanda, il film arriva a un anticlimatico scontro in mezzo al mare, che sembra il tipico combattimento di massa nel nulla della Marvel cinematografica: tutto in green screen, come e persino più dello scontro in aeroporto di Captain America: Civil War. Eccessivamente numerosi anche gli epiloghi e se è assente, per solennità, la scena post-titoli di coda, rimane invece immancabile quella a metà, che aggiunge un ennesimo e un po’ stucchevole omaggio alla memoria di Boseman.
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