Il perfido principe della giungla Mago Kahn ha battuto sul tempo il pirata dei sette mari Capitan Sciabola e si è impadronito di un diamante magico in grado di esaudire i desideri. Il prezioso oggetto viene però rubato dal piccolo orfano Marco, il quale riesce prima a sfuggire alle guardie del Mago e poi a depistarle facendolo credere loro che il ladro del diamante sia il giovane pirata Pinky. Rapito da Capitan Sciabola, alla disperata ricerca del diamante con la sua scalcagnata ciurma, Pinky viene aiutato dall’amica Veronica, travestitasi da ragazzo e spacciatasi per pirata. Per tutti è l’inizio di un’avventura che porterà Capitan Sciabola e soci a scontrarsi con Kahn e il suo esercito di scimmie.

Nato dalla fantasia dello scrittore, cantante e attore norvegese Terje Formoe, Capitan sciabola è uno dei personaggi comici più famosi dell’Europa settentrionale, qui per la prima volta in versione animata.

L’inizio è promettente: tavole disegnate a mano, colori pastosi, movimenti dolci e toni fiabeschi. In realtà è solo il preludio a un’avventura contemporanea che vede nella tecnica artigianale il passato da cui ha origine. Capitan Sciabola e il diamante magico appartiene pienamente al presente, e dell’animazione contemporanea, digitale ed evanescente, possiede ogni elemento: tecnica a computer poco inventiva; vicenda avventurosa e stupidina; canzoni usate come intermezzo; comicità buffa e adatta ai piccolini.
La cosa più interessante del film – straordinario successo in patria, dove è uscito due anni fa – è la stratificazione dei personaggi, degna di altre forme di animazione più ricercata. Lo stesso personaggio creato da Terje Formoe, un pirata ispirato al Capitan Uncino di Peter Pan, pallido e introdotto da una bella sequenza immersa nell’ombra, è in realtà una presenza secondaria in un plot che ha per protagonisti Pinky, Veronica e Marco e presenta temi come il doppio (Pinky e Marco) e il travestimento (Veronica che diventa Ronnie). Gli echi della tradizione disneyana e prima ancora della commedia dell’arte danno slancio a una trama altrimenti costruita attorno al classico schema del viaggio di ricerca.
Meno approfonditi, invece, risultano i cattivi: se Capitan Sciabola resta a suo modo una figura ambigua, come nel precedente Capitan Sciabola e il tesoro di Lama Rama (non un’animazione ma un film dal vero), il Mago Kahn e la regina madre sono caratterizzati in maniera schematica, fisicamente imponenti ma pasticcioni. Ugualmente stereotipati sono i membri della ciurma di pirati: i gemelli tonti, il fannullone saccente, il pappagallo spione, tutti ricalcati su maschere note per quanto efficaci (il più simpatico è comunque il cuoco della nave pirata, che cucina immangiabili intrugli con resti di topo e scarafaggio e si considera un genio incompreso…)
Capitan Sciabola e il diamante magico è un esempio per noi inusuale di animazione nordica. Nonostante ciò, le innovazioni o le sorprese sono davvero poche: la vicenda riprende l’immaginario piratesco europeo, da Stevenson in giù, mentre l’animazione dai colori netti e dalle forme poco inventive rimanda soprattutto a un prodotto televisivo come Jake e i pirati dell’isola che non c’è, dimenticando esempi più nobili d’animazione cinematografica, come ad esempio Gli allegri pirati dell’isola del tesoro (1971) di Hiroshi Ikeda.