La casa sul mare
Regia di Robert Guédiguian.
Un film Da vedere 2017 con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Jacques Boudet, Anaïs Demoustier.
Titolo originale: La villa.
Genere Drammatico – Francia, 2017, durata 107 minuti.
Distribuito da Parthénos.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
Venerdì 8 febbraio ore 21.00
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A Méjan, una cala marina tra Marsiglia e Carry, tre fratelli si ritrovano per vegliare il padre. Angèle, attrice con un lutto nel cuore, Joseph, professore col vizio della rivoluzione, Armand, ristoratore di anime, misurano la loro esistenza davanti all’ictus che ha colpito il genitore. Intorno alla sua eredità, la casa, il ristorante, la coscienza politica e quella sociale, fanno i conti col proprio passato che per Angèle non sembra mai passare. L’irruzione improvvisa di tre bambini, naufraghi sulle sponde del Mediterraneo, sconvolge la loro riflessione e segna un nuovo inizio.
Da L’ultima estate, atto di nascita di Robert Guédiguian e cronaca arrabbiata della morte di un quartiere di Marsiglia, i suoi film prendono la forma di un impegno rinnovato con gli attori.
Solivo e assorto, La casa sul mare celebra di nuovo quell’unione così fertile offrendo un momento di raccoglimento che fa il punto del mondo. Un intermezzo assolato che misura precisamente lo stato della classe operaia, incarnata nel film dalle figure genitoriali, costrette all’immobilità o addirittura suicidate. Il suo sguardo e il suo cast di accoliti riparano a Méjan per vegliare una coscienza che si è spenta. Quella di un padre e di una nazione che ha perduto l’intenzione del volo e l’apertura al nuovo. La sua umanità, bastonata ma battagliera, ha smarrito con lo slancio e l’azione, la certezza di essere l’homme bien. Fedele ai suoi interrogativi e alla sua collera, Guédiguian ribadisce la morte delle utopie rivoluzionarie e di una fraternité che manca crudelmente al mondo ma poi l’inaspettato accade. Il film, con la sua aria mesta di addio e disillusione, prende improvvisamente (e letteralmente) un gusto di ‘marmellata’ che lo conduce dove nessuno lo aspettava. Se le opere del passato, da cui l’autore pesca uno struggente brano lirico, erano marcate da una bellezza che tende alla radicalità estetica, alla spontaneità delle emozioni, a quella grazia inaudita che nasce tra il vigore solare della giovinezza e la melanconia che già la avvince, i lavori recenti indicano una fase riflessiva che riafferma il suo décor, i suoi attori, i suoi ruoli.
Ficcato in quell’universo identificabile, La casa sul mare si fa un appassionante racconto di crisi, in cui i riferimenti dei protagonisti vengono meno sotto i colpi dei totalitarismi moderni. In un tableau solare in cui stagna la fierezza proletaria e la sua coscienza politica, l’irruzione di tre fratellini, doppio speculare dei protagonisti, li rianima dall’interno, restituendoli alle proprie emozioni, le più essenziali. La paura improvvisa dell’altro, al centro di Le nevi del Kilimangiaro, si rovescia qui in accoglienza, riaffermando il coraggio e la necessità di accordare la propria vita col prossimo.
Guédiguian descrive la forza pervasiva dell’incontro in comunione con la tradizione dell’umanesimo moderno. La pauvres gens di Victor Hugo è di nuovo al cuore dell’opera di un artista che non smette di richiamarci alla bontà. Un valore che la durezza dei tempi fatica a praticare e a sostenere (anche al cinema). Guédiguian, lucido e gioioso, ci crede ancora, accarezzandoci là dove aspettavamo uno schiaffo. La generosità dei suoi eroi, per quanto eccezionale, si iscrive nell’ordine del possibile. Esasperato dall’egoismo dell’epoca, il regista ritorna nei suoi luoghi dopo le fughe lontane dal territorio marsigliese (Le passeggiate al Campo di Marte, Le voyage en Arménie), e alle virtù della lotta collettiva, ricordando allo spettatore come gli stranieri abbiano contribuito a salvare la Francia, a salvarci tutti. Gli fanno corona Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan, attracco sentimentale di cui verifica progressivamente la solidità. È con loro che Guédiguian ripassa i valori, l’amicizia, le lezioni apprese. Sono loro a rendere visibile il suo invecchiamento, il passaggio del tempo. Ma il tempo che passa non è soltanto la morte al lavoro, è qualcosa che si è depositato, che si deposita ancora e lega questi ‘sposi’ innamorati dopo trentasette anni. La casa sul mare è il paese a cui probabilmente non arriveremo mai ma il film va più lontano, scordando la solitudine e ritrovando il proprio posto, qui, adesso, insieme. Come in un’estate di tanti anni fa.
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