Le otto montagne
Regia di Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch.
Un film con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi, Elena Lietti, Gualtiero Burzi.
Titolo internazionale: The Eight Mountains.
Genere Drammatico, – Italia, Francia, Belgio, 2022, durata 147 minuti.
Distribuito da Vision Distribution.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
Lunedì 7 agosto, ore 21.00
Martedì 8 agosto, ore 21.00
Mercoledì 9 agosto, ore 21.00
Giovedì 10 agosto, ore 21.00
Biglietto per tutti € 3,50
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Pietro, bambino torinese, va in vacanza con la madre in un paesino della Valle d’Aosta dove abita un solo bambino suo coetaneo, Bruno. I due divengono presto amici a tal punto che i genitori di Pietro sono disposti ad ospitare Bruno per farlo studiare in città. Il padre però non è d’accordo e il bambino diventerà un ragazzo e un uomo che non lascerà mai la montagna. I due però continueranno ad incontrarsi e ristruttureranno insieme una baita prima che Pietro inizi poi a viaggiare nel mondo.
Due attori impegnati a dar vita a due personaggi calati in un ambiente naturale ed identitario molto definito che li obbliga a lasciarsi alle spalle gli accenti e le inflessioni con cui il grande pubblico li ha conosciuti.
La coppia Van Groenigen e Vandermeersch, nell’adattare il romanzo omonimo del Premio Strega Paolo Cognetti, sorprende lo spettatore sin da quando si spengono le luci in sala. Hanno infatti deciso di adottare un formato di proiezione ristretto che ricorda un po’ i documentari di montagna di un tempo che fu quando, per avere un’attrezzatura leggera al seguito, si girava in 16 millimetri.
Da tempo ormai le cime, innevate e non, si vedono offrire tutta l’ampiezza dello schermo che fa risaltare la loro imponenza. Qui invece l’impressione che si ha da subito, grazie anche alla voce narrante, è quella della descrizione della nascita e dell’evoluzione di un’amicizia a cui le montagne fanno non da sfondo ma da elemento fondamentale di unione che diviene, ad un certo punto, divaricazione.
Si tratta dell’incontro tra due visioni della vita che l’ambiente naturale finisce con il determinare in modo quasi cogente. Per Pietro, che ha un padre (ingegnere in una fabbrica con 10.000 persone, come lui stesso ci tiene a sottolineare da bambino) la passione per la montagna viene trasmessa come amore per un luogo a cui giungere ma dal quale poter anche ripartire. Bruno invece è ancorato a quelle pietre, a quegli animali considerati come elementi fondamentali di un mondo che non riesce e non vuole lasciare. Anche quando troverà l’amore il richiamo della montagna resterà sempre dominante spingendolo verso scelte non facili per lui e per gli altri.
Marinelli e Borghi riescono ad offrire ad entrambi questi caratteri una verosimiglianza che vede, ancora una volta, il secondo lavorare molto anche sull’aspetto fisico. Non sono però favoriti dalla durata del film che si attarda in modo particolare sulla fase dell’infanzia pensando così di porre le basi di ciò che però ci viene di fatto ribadito anche successivamente.
Peraltro il senso dell’adesione a spazi che sembrano reclamare un’adesione totale viene offerto con grande consapevolezza del mezzo cinematografico. Sembra a tratti di rivivere le atmosfere del buzzatiano Barnabo delle montagne che Mario Brenta aveva fatto diventare cinema. Il film viene così pervaso da un senso del tempo che non è e non può essere quello di chi vive in città restando purtroppo però in un bilico precario tra il desiderio di intrattenere con una storia e quello di offrire un’immersione il più ampia possibile in una modalità di vita i cui ritmi sono giustamente assolutamente particolari.
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