Natale da chef
Regia di Neri Parenti.
Un film con Massimo Boldi, Dario Bandiera, Rocio Munoz Morales, Paolo Conticini, Francesca Chillemi.
Genere Commedia – Italia, 2017, durata 97 minuti.
Distribuito da Medusa.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
Venerdì 29 dicembre, ore 21.00
Sabato 30 dicembre, ore 21.00
Lunedì 1 gennaio, ore 21.00
Martedì 2 gennaio, ore 21.00
Gualtiero è un cuoco senza speranza ma è anche convinto di essere uno chef geniale e incompreso. La moglie Beata, con cui gestisce un locale, cerca di tenerlo lontano dai fornelli, ma lui è capace di travestirsi persino da wc pur di aggiungere il suo tocco ai piatti. Dopo aver guastato l’ennesimo assaggio di Vissani e aver fatto perdere anche l’ultimo “cappello” alla moglie, promette di lasciare la cucina. Un’impresa di catering nei debiti fino al collo deve però agevolare l’appalto di una ditta “concorrente” perdendo la gara per il G7 di Trento.
Al peggior cuoco su piazza vengono affiancati un aiuto cuoco che ha perso il gusto e l’olfatto, una pasticcera che sa solo uscire dalle torte alle feste e un sommelier astemio.
Il cinema di Neri Parenti offre quello che promette, come una rosticceria che sazia di cibi unti e da cui è meglio stia lontanissimo chi cerca accostamenti ricercati o impiattamenti artistici, o anche solo una buona cucina.
La grana grossa trasuda come l’olio della peggior frittura già dalla confezione, a partire da una fotografia nemmeno da sitcom televisiva e buona al massimo per una sketch comedy da varietà, che è poi, a ben vedere, il DNA di questo cinema. Il commento musicale è da video amatoriale, banale e scontato, tanto da riciclare pure la stessa canzone come fosse una tovaglietta di plastica.
Quanto all’umorismo, che ne sarebbe il piatto forte, Natale da chef sforna momenti di satira puntuti come un cucchiaio di legno e ribaltamenti di ruoli assortiti, ma finisce per confermare ogni stereotipo. Per esempio il siciliano che si crede un mandrillone, viene convinto a sedurre una vecchia per vincere la gara, in un ribaltamento della tipica situazione dove a far carriera con il sesso sono le donne. Ma il gioco dura poco e sotto le pretese la vera giudice apprezza eccome la sua ridicola, volgare e tracotante virilità. Così come gli altri giudici chiamati a scegliere una cucina di livello stellato favoriranno invece il supplì al telefono, mentre la stripteuse batte ogni alta pasticceria.
Non mancano battute su donne dal gran cu…rriculum né equivoci scatenati dalla maialina di nome Mia: «Mia è mia», «Se era tua doveva chiamarsi Sua» e via dicendo. Imprescindibili poi le gag di livello scatologico dove ci si spinge fino alla coprofagia, grazie al sous-chef senza gusto né olfatto che può scambiare per olive altri tipi di palline scure che si trovano tra i prati in campagna. Data la cucina del protagonista abbondano poi le scene di vomito, mentre sono sorprendentemente quasi assenti le flatulenze.
Sul tema evergreen delle corna c’è persino un personaggio, con denti chissà perché vistosamente finti, e una parlata penosa, di nome Becco Felice. Immancabile che gli si dica: «Ah, pure felice?». Per altro sua moglie è la Pasticcera su cui si sprecano le battute riguardo la burrosità ma le cui scene sono piccanti più o meno come una meringa. A ben vedere, oltretutto, la donna rifiuta di concedersi ad altri uomini, tanto da prenderli pure a cazzotti, ma per la mentalità maschilista imperante basta che dia spettacolo del suo corpo per fare del marito un cornuto.
In tutto questo comunque qualche situazione, nel suo spericolato sprezzo del buon senso e del buon gusto, riesce a strappare risate, soprattutto grazie a Milena Vukotic nei panni della vecchia che, per una serie di circostanze, appare come oggetto del desiderio. Il carabiniere incaricato di controllare la gara, interpretato con la consueta leggerezza da Enzo Salvi, azzecca alcune zampate nell’essere disgustato dalla femme fatale.
Merita infine un commento l’epilogo sul G7, dove la comicità si fa demenziale, spingendo al massimo gli stereotipi sui giapponesi e riciclando il celebre commento di Berlusconi sulle forme della Merkel. Il tutto in una sorta di sfacciato nonsense che per tutto il film si è completamente infischiato del Natale del titolo e ce lo ricorda in un saluto finale che sa di sberleffo, per una volta genuinamente complice e beffardo.
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