Spider-Man – Across the Spider-Verse
Regia di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson.
Un film con Shameik Moore, Hailee Steinfeld, Issa Rae, Oscar Isaac, Jake Johnson.
Titolo originale: Spider-Man – Across the Spider-Verse.
Genere Animazione, Avventura, Azione, – USA, 2023, durata 140 minuti.
Distribuito da Warner Bros Italia.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: Film per tutti
Lunedì 21 agosto, ore 21.00
Martedì 22 agosto, ore 21.00
Mercoledì 23 agosto, ore 21.00
Giovedì 24 agosto, ore 21.00
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Miles Morales è tornato – o meglio, non se n’è mai andato. È da un anno che fa sempre le solite cose che farebbe un supereroe teenager, cioè andare a scuola, litigare con i genitori e salvare il mondo dalle minacce più o meno (im)probabili. Chi se n’è andata, invece, è l’unica cinta di amici che aveva, cioè Gwen, Peter, Peni, Spider-Ham e Spider-Man Noir, gli Spider-Man delle altre dimensioni che l’hanno spalleggiato nella sua prima avventura e che sono tornati ai loro rispettivi universi. Un giorno, però, Gwen riappare nella cameretta di Miles, spiegandogli di essere entrata a far parte della Spider-Society, un gruppo interdimensionale di Spider-Man, capitanati da Miguel O’Hara, il cui intento è impedire il collasso del Multiverso. E una delle anomalie a poterlo provocare è La Macchia, scienziato che ha acquisito il potere di aprire dei portali tra le dimensioni durante l’incidente del primo film, e ora nuovo nemico di Miles…
Cresce Miles, e cresce anche la saga: tutto è più grande e colorato, ma tutto si tiene per la grande scrittura e attenzione ai personaggi.
Quanti multiversi abbiamo attraversato con gli occhi della percezione negli ultimi anni? A caso, c’è la tv di Russian Doll, Devs e – guarda caso – l’animazione della triarchia Rick and Morty/Adventure Time/The Midnight Gospel. La Marvel ha incardinato il concetto come suo nuovo motore narrativo con l’altra triade Loki / Spider-Man: No Way Home / Doctor Strange nel Multiverso della Follia, mentre i The Daniels l’hanno reso profittevole a livello autoriale con Everything Everywhere All at Once. Tante forme tutte assieme da sbirciare, esplorare e magari riportare indietro. Eppure non è questione di forme, no, ma di forma.
È questo che ha mosso fin dall’inizio Phil Lord e Christopher Miller quando nel 2018, con le spalle ben coperte dalla Sony Pictures Animation, hanno sbattuto in faccia ai cinema Spider-Man: Un nuovo universo, successo di pubblico e critica senza freni che ha, e non in modo figurato, spostato in avanti i confini dell’animazione mainstream occidentale forse troppo ancorata al modello-mondo Pixar. Ed è questo che hanno cercato di rifare con Spider-Man: Across the Spider-Verse, capitolo di mezzo della trilogia ragnesca dedicata a Miles Morales, a cui seguirà Spider-Man: Beyond the Spider-Verse a marzo 2024.
Riuscendoci a pieno e continuando a dare, letteralmente, spettacolo, lavorando ancora e ancora non sulle forme ma sulla forma. Già, perché il senso dell’operazione degli sceneggiatori/produttori Lord e Miller (alla scrittura con David Callaham), i registi Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson e gli animatori tutti della Sony Pictures Imageworks, è sempre stato quello di sfruttare al massimo il topos del Multiverso non attraverso una proliferazione esponenziale degli stessi segni (una volta siamo in un western e la volta dopo in un horror) o storie (le versioni differenti di un personaggio), quanto quello più radicale di avere l’intera forma-film in continuo cambiamento.
Che senso ha, infatti, inserire uno Spider-Ham o uno Spider-Man Noir se poi il modo di vedere loro e quello che gli sta attorno è sempre uguale? La combinazione immaginifica e maniacale assieme di animazione 2D e CGI, Kirby Krackle, assenza di motion blur, Ben-Day dots e via elencando, dà a Spider-Man: Across the Spider-Verse una quantità di visioni, tutte insieme e tutte contemporaneamente, che raramente si era anche soltanto assommata prima.
E rispetto al primo capitolo, stavolta è Miles a viaggiare tra le dimensioni “altre”, quindi è il nostro sistema estetico-percettivo a virare: dalla Mumbattan dello Spider-Man Pavitr Prabhakar ispirata alla serie Indrajal Comics degli anni ’60/’70, alla Nueva York di Miguel O’Hara tirata fuori dalle illustrazioni di Syd Mead, passando per i collage e le Xerox di Spider-Punk o i pastelli di Gwen, è un vero Multiverso di forme quello che si schiude davanti a noi e che altera in modo estremo la nostra, di forma.
Spider-Man: Across the Spider-Verse però non si regge soltanto sullo strappo dato dal comparto estetico, perché vicende e protagonisti sono anche loro scolpiti in profondità – e questo a partire dallo stesso spirito che ha infiammato l’animazione del film. Se infatti la foresta di simboli su cui si reggono alcuni titoli sul multiverso è quella puramente cinematografica – come in Everything Everywhere per i riferimenti a Wong Kar-wai e Bollywood o in Spider-Man: No Way Home con i ganci alla filmografia interna all’eroe stesso -, la saga di Miles Morales ha avuto fin da subito come stella polare solo e unicamente il fumetto, tanto che la texture stessa dei film è infarcita di onomatopee, linee di forza e mezzi toni, e questo è sempre stato presente anche in sede di scrittura.
I vati Lord e Miller, bravi, molto bravi a scrivere e produrre, sono bravi, bravissimi nel cogliere appieno l’aura unica e inscalfibile del personaggio di Spider-Man, battezzando l’unica operazione possibile: non mettere in piedi l’ennesimo aggiornamento del personaggio quanto raccoglierne l’eredità per portarla avanti in modo nuovo e personalissimo. Questo non è di nuovo Peter Parker, questo è Miles Morales da Brooklyn, afro-ispanico, street artist, con uno zio delinquente e una madre da Puerto Rico che è sempre Stati Uniti ma è come se non lo fosse.
È un coming of age continuo, quello di Miles. Se nel primo Spider-Man: Un nuovo universo la bussola era data dalla definizione di chi si è, in questo Spider-Man: Across the Spider-Verse la sfida è quella di difendere quello che si è diventati dal mondo esterno, per non dimenticare da cosa si è venuti e prepararsi a tutto il resto. E Miles lo fa attraverso i momenti di passaggio che per forza di cosa attendono chi raccoglie il senso di ragno di Peter Parker, cioè il sacrificio e la perdita, a volte, delle persone che ti stanno accanto.
Questo è quello che ha sempre significato essere Spider-Man, questo è quello che preoccupa sopra ogni cosa Miguel O’Hara e tutta la Spider-Society. Perché non è da grandi poteri che derivano grandi responsabilità, ma da grandi affetti.
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