Suffragette
Un film di Sarah Gavron.
Con Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Brendan Gleeson, Anne-Marie Duff, Ben Whishaw.
Titolo originale Suffragette.
Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 106 min.
USA 2015. – Bim Distribuzione
PROGRAMMAZIONE:
venerdì 13 maggio, ore 21.00
domenica 15 maggio ore 18.00
lunedì 16 maggio, ore 21.00
Londra, 1912. Maud Watts è una giovane donna occupata nella lavanderia industriale di Mr. Taylor, un uomo senza scrupoli che abusa quotidianamente delle sue operaie. Alcune di loro combattono da anni a fianco di Emmeline Pankhurst, fondatrice carismatica e ricercata della Women’s Social and Political Union. Solidali e militanti, le suffragette combattono per i loro diritti e per il loro diritto al voto. Ignorate dai giornali, che temono gli strali della censura governativa, e dai politici, che le ritengono instabili e inette fuori dai confini concessi, decidono unite di passare alle maniere forti. Pietre contro le vetrine, boicottaggio delle linee telegrafiche, bombe in edifici rappresentativi (ma vuoti), scioperi della fame, tutto è lecito per avanzare la causa. Mite e appartata, Maud diventa presto una militante appassionata e decisa a vendicare le violenze in fabbrica e a riscattare una vita che la costringe alle dipendenze degli uomini. Arrestata più volte, perde il lavoro e viene ‘ripudiata’ dal marito che la caccia di casa e adotta a una famiglia borghese il loro bambino. Rimasta sola trova ragione e forza nella lotta politica, attirando con le sue sorelle l’attenzione del mondo che adesso dovrà starle a sentire.
A lungo e ingenuamente le abbiamo immaginate come nel film Mary Poppins, un pugno di borghesi gentili che bevono tè e sfilano gioiose dentro le loro camicette bianche impreziosite con fiori freschi e fasce di seta sul petto. Sarah Gavron le rivela invece per quello che le suffragette furono davvero, un piccolo esercito armato di operaie pronte a sabotare le loro città, a infrangere vetrine a colpi di pietra e a collocare bombe. Questa secondo la regista inglese è la vera storia delle suffragette, quella che la stampa dell’epoca si guardò bene dal raccontare, quella che ancora ci si guarda bene dal raccontare nelle scuole.
Suffragette non brilla per la sua forma, il film è più scritto che messo in scena, nondimeno Sarah Gravon e Abi Morgan hanno il merito di far conoscere questa versione dei fatti, celebrando la lotta per l’uguaglianza, contro le molestie sessuali e la disparità salariale che scosse l’opinione pubblica all’inizio del secolo. Sceneggiatrice di Suffragette e penna dietro The Iron Lady e The Hour (la serie televisiva), Abi Morgan sfoglia negli archivi, nelle lettere, nei diari intimi e mai pubblicati di numerose donne che come la protagonista presero parte alla causa sacrificando la loro vita privata o perdendo la propria vita come Emily Davison sotto il cavallo di re Giorgio V per guadagnare l’attenzione dei media. Donne spiate, picchiate, imprigionate perché volevano essere pienamente, per loro e per le generazioni a venire. Vitale e verace, Suffragette elude la rigidezza del film in costume e trova in Carey Mulligan una protagonista sensibile e ardente.
Mélange di tutte le suffragette britanniche, Maud Watts è interpretata da un’attrice capace di esprimere le sue evoluzione sottili, le emozioni di un’eroina dentro primi piani instabili in cui emerge la presa di coscienza e da cui sembra pronta a fuggire verso un impegno che le farà perdere impiego e famiglia. L’epifania toccante di Carey Mulligan si accompagna alla solidarietà militante dell’operaia tribolata e magnifica di Anne-Marie Duff e alla determinazione della farmacista di Helena Bonham Carter, che rende omaggio, non solo nel nome, a Edith Garrud e alle sue jiu-jitsuffragettes. Professionista delle arti marziali, Edith Garrud organizzò dal 1913 dei corsi riservati esclusivamente alle donne incoraggiandole a difendersi dai poliziotti durante le manifestazioni duramente represse. Icona, fuori e dentro lo schermo, è Meryl Streep a incarnare Emmeline Pankhurst in una breve ma vigorosa apparizione perché Sarah Gravon al biopic su una donna straordinaria dentro una causa straordinaria, preferisce la vicenda di donne ordinarie, operaie che hanno incarnato l’avanguardia del cambiamento in grembiule o gonne lunghe. Morte sotto i colpi della polizia, arrestate, alimentate con forza a causa dello sciopero della fame, dopo quarant’anni di campagne pacifiche, che ottengono soltanto promesse infrante, le suffragette abbandonano la compostezza indulgente e decidono per la disubbidienza civile, senza esitare a ricorrere ad azioni radicali e violente. Ma sono donne e non lo fanno con leggerezza, diversamente dai terroristi che uccidono innocenti, colpiranno soltanto sedi vuote ma distinte per attirare l’attenzione sul movimento e la causa.
Quanto a sapere se questa violenza valesse la pena o se tanta violenza abbia infine permesso di ottenere il diritto al voto, a riguardo gli storici hanno discordi opinioni. Quello che è certo per la Gravon è il prezzo pagato dalle donne che l’hanno perpetrata dentro una società reazionaria e che il suo melodramma sociale mette in scena in maniera forte e dolente, chiudendo sul funerale di Emily Davison e sull’idea di farci dono di un modello da seguire. Perché la strada da fare è ancora lunga e scorre sui titoli di coda indicanti le date di conseguimento del voto, raggiunto dalle donne britanniche nel 1918 (in maniera incompiuta). Le italiane ventisei anni dopo. In Arabia Saudita il diritto al voto è stato concesso a partire dal 2015.
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