Una giusta causa
Regia di Mimi Leder.
Un film con Felicity Jones, Armie Hammer, Justin Theroux, Kathy Bates, Sam Waterston, Stephen Root.
Titolo originale: On the Basis of Sex.
Genere Biografico, Drammatico – USA, 2018, durata 120 minuti.
Distribuito da Videa.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
Venerdì 10 maggio ore 21.00
Domenica 12 maggio ore 18.00
Lunedì 13 maggio ore 21.00
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Ruth Bader Ginsburg è stata una delle pochissime donne ammesse alla facoltà di giurisprudenza ad Harvard alla fine degli anni Cinquanta. Si è poi laureata anche alla Columbia, quando era già madre e moglie di Martin D. Ginsburg, destinato a diventare un importante avvocato tributarista. A fine carriera scolastica, però, nella New York dei mille studi legali, faticò a trovare lavoro, in quanto donna in un mondo di uomini, e in seguito lottò con determinazione più unica che rara in moltissimi processi per discriminazione sulla base del genere.
Negli anni Settanta, ancora, nel paese del sogno democratico e delle proteste contro la guerra in Vietnam, questo genere di discriminazione era ancora perfettamente legale, e riguardava circa centocinquanta leggi della carta costituzionale.
Naturalmente la Ginsburg non fu la prima persona a tentare di porre rimedio a quello stato di cose, ma fu colei che si rivelò la persona giusta al momento giusto. Che lo si chiami “ésprit du temps”, riferendosi al mutamento delle pratiche e delle rappresentazioni collettive e al nascere e fiorire di una ricerca individuale di autorealizzazione, o che lo si definisca, come nel film, “the weather of the era”, non c’è dubbio che le istituzioni siano spesso in grave ritardo sulla prassi sociale e culturale e ci siano momenti della Storia in cui questo gap grida vendetta. Non c’è dubbio, nemmeno, che Una giusta causa si ponga volontariamente in dialogo con il tempo attuale, in cui nell’agenda politica degli stati occidentali figura, ad esempio, il tema della parità salariale tra uomini e donne, e in cui i partiti reazionari rimettono un po’ ovunque in discussione una serie di diritti che parevano acquisiti una volta per tutti.
La sceneggiatura del biopic sulla Bader Ginsburg è firmata dal nipote, Daniel Stiepleman, e racconta la prima occasione in cui il futuro giudice della Corte Suprema, ancora alle prime armi, intravide un escamotage per cui, difendendo il diritto di un maschio, avrebbe potuto far sì che la giustizia americana puntasse il riflettore sulle troppe leggi che penalizzavano le donne. L’idea è brillante, peccato, però, che non lo siano altrettanto né la regia di Mimi Leder, piuttosto piatta, né l’interpretazione insipida di Felicity Jones, dignitosa e nulla più. La confezione tradizionalissima del film, cioè, non si accorda alla natura rivoluzionaria della persona e dell’operato della Ginburg, col risultato che la rappresentazione cinematografica del personaggio è meno affascinante della realtà dello stesso.
Tra retorica della cooperazione sentimentale (Armie Hammer è un partner paziente e perfetto, in famiglia e sul lavoro) e didattica della rivoluzione culturale (le scene delle lezioni di Ruth Ginsburg alle studentesse della scuola di legge sono terribilmente messe “in posa”), si legge soltanto tra le righe il film che poteva essere e non è stato: nelle incursioni taglienti di Kathy Bates, nei confronti scomodi di Ruth con la figlia Jane, in una donna dal carattere forte e appassionato, che la elevata allo status di icona (e le ha meritato un’incursione in versione minifigure in The Lego Movie 2: un indiscutibile segno dei tempi).
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