Vi presento Toni Erdmann
Regia di Maren Ade.
Con Peter Simonischek, Sandra Hüller, Michael Wittenborn, Thomas Loibl, Trystan Pütter.
Titolo originale: Toni Erdmann.
Genere Commedia – Germania, Austria, 2016, durata 162 minuti.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
Venerdì 5 maggio, ore 21.00
Lunedì 8 maggio, ore 21.00
Winfried Conradi è un uomo âgée col vizio dello scherzo. Le sue buffonate colpiscono democraticamente familiari e fattorini che bussano alla porta e provano allibiti a consegnargli l’ennesimo pacco. Insegnante di musica in pensione, la sua vita si muove tra le visite alla vecchia madre e le carezze al suo vecchio cane, ormai cieco e stanco. A casa della ex moglie una sera a sorpresa ritrova sua figlia. Ines ha quasi quarant’anni e una carriera che impegna ogni ora della sua giornata. Occupata in un’azienda tedesca che l’ha traslocata a Bucarest, vive appesa al telefono e a una vita incolore, dedicata completamente alla professione e con poco tempo da spendere in famiglia. Senza preavviso, Winfried decide di farle visita e di passare qualche giorno con lei ma il lavoro e il disagio nei confronti del genitore hanno la meglio sui tentativi affettuosi. Winfried però non si arrende, infila una parrucca e una dentiera artificiale e irrompe nella sua vita come Toni Erdmann, coach naïve e improvvisato che sa bene che una canzone crea più valore di un’azione in borsa.
Orso d’Argento nel 2009 con Everyone Else, Maren Ade conferma una sensibilità pronunciata per il cinema che esplora l’intimo. Ieri era lo studio della resistenza di una coppia sotto il sole della Sardegna, oggi è il pedinamento di una relazione filiale dislocata a Bucarest.
Commedia umana smisuratamente eccentrica, Toni Erdmann si lascia contaminare e conquistare dalla follia dolce e imprevedibile del suo protagonista, un padre che piomba nell’universo di sua figlia per ritrovarla e rimetterla sul cammino della vita, della leggerezza, dell’umanità. Ma lei, travolta dagli impegni professionali, lo congeda (troppo) presto ed è in quel momento che il film decolla. Perché il genitore trova nella separazione la maniera di accorciare la distanza, di riparare la crepa nella filiazione prendendo in contropiede figlia e spettatore.
Senza mai violare l’intimità dei suoi personaggi, il film suggerisce il confronto tra due generazioni che non riescono più a toccarsi. Il loro luogo rimane un silenzio dove la lontananza diventa tormento dell’anima. Winfried è un funambolo trascurato e bizzarro che ama i lazzi e ‘va in scena’ con strumenti amatoriali e posticci, Ines è una businesswoman rigorosa e severa che compete su un mercato maschile, manca di umorismo e calca il palcoscenico della vita in tailleur nero. Tra loro qualche cosa d’essenziale è accaduto, da qualche parte nel tempo e ha prodotto una resistenza da qualche parte nel cuore. A partire da questa opposizione, la regista tedesca svolge un legame che conosce la grazia attraverso l’esperienza del ridicolo.
Esplosione di esuberanza, Toni Erdmann toglie il fiato e apre a una risata assoluta, piena, libera. A provocarla è l’uomo del titolo, identità fittizia e imparruccata di un padre che recupera la sua bambina, affondata nel mondo volgare del liberalismo, spingendo il proprio spettacolare cambiamento fino alla ‘mostruosità’. Giustiziere del buon senso che si nasconde per piangere la morte del suo cane, Toni Erdmann/Winfried Conradi boicotta le grandi certezze della vita per viverla pienamente accanto a chi ama sopra a ogni cosa. Per Ines, Winfried si fa letteralmente in due assumendo una forma di schizofrenia in cui il posticcio gioca il ruolo di una protesi. Inabili allo scambio, la comunicazione padre-figlia passa allora attraverso l’artificio e la simulazione. Un gioco che diventa incontrollabile e a cui Ines finisce per cedere dentro una delle sequenze più belle. Sequenza catartica che la sorprende a cantare una canzone di Whitney Houston accompagnata alle tastiere dal padre. Una canzone che hanno evidentemente eseguito insieme mille volte. Winfried la seduce con la forza di una memoria condivisa e Ines cede, accetta, lo lascia fare, si lascia amare da tutto quell’amore, attestando nella scena successiva (quella del suo compleanno) la vittoria del genitore.
Impietoso con il liberalismo selvaggio, esposto in tutti i suoi più laidi dettagli (negoziazioni, manipolazioni dei clienti, licenziamenti), Toni Erdmann ‘imbocca’ una protesi dentaria per sdrammatizzare e sdrammatizzarsi come il suo protagonista, un incredibile Peter Simonischek che sostiene l’emozione col grottesco. Davanti a lui Sandra Hüller incarna una performance anaffettiva che scioglie in un ultimo primo piano, riconciliando il suo personaggio con l’eredità paterna, il realismo con l’astrazione.
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